Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è finalizzata a riequilibrare le risorse tra previdenza e assistenza disponendo l'elevazione dell'età di pensionamento di vecchiaia delle donne da 60 a 65 anni come strumento per accumulare risorse finanziarie con cui dare copertura all'elevazione dell'assistenza a favore delle giovani madri, durante il periodo della gravidanza e dell'infanzia dei figli. Il tutto in linea con quanto già previsto per il pensionamento di vecchiaia degli uomini e con la generale tendenza dell'aumento dell'età di pensione dettato dall'andamento demografico e dalle indicazioni dell'Unione europea, nel cui ambito l'età pensionabile è quasi sempre equiparata tra i due sessi.
      Questa misura non ha una finalità negativa nei confronti delle donne, ma - al contrario - è diretta a favorire in modo consistente le lavoratrici madri.
      Le cospicue risorse risparmiate con l'innalzamento dell'età per l'accesso alla pensione di vecchiaia (pari ad oltre 600 milioni di euro nel primo anno e via via crescenti fino ad arrivare a 6-7 miliardi di euro a regime dopo cinque anni), infatti, sono impiegate per finanziare significative novità sia in materia di congedo di maternità (astensione obbligatoria) sia in materia di congedo parentale (astensione facoltativa) tanto per coloro che sono titolari di un contratto di lavoro subordinato che per le lavoratrici a progetto. Questi benefìci, graduati nel tempo in relazione alle

 

Pag. 2

risorse disponibili, renderanno molto più agevole alle lavoratrici madri conciliare la cura della prole con il lavoro e l'onere finanziario da ciò derivante sarà a totale carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti.
      Prevediamo, inoltre, un beneficio a favore delle aziende che hanno in carico lavoratrici madri per compensarle delle minori prestazioni orarie fornite dalle loro dipendenti. Tale compensazione viene attuata attraverso una fiscalizzazione degli oneri sociali, che peraltro si inquadra con la necessaria politica di riduzione della pressione contributiva a carico delle imprese, al fine di renderle più concorrenziali sui mercati interno e internazionali.
      Poiché le risorse disponibili per effetto dell'applicazione dell'articolo 6 della presente proposta di legge sono prevedibilmente eccedenti le spese derivanti dall'attuazione degli articoli da 1 a 4, la medesima proposta di legge prevede che le eccedenze finanziarie disponibili siano devolute a implementare il fondo per interventi specifici a favore dei non autosufficienti, in particolare gli anziani e le persone disabili gravi, la cui assistenza incombe, ordinariamente, sulle spalle delle donne.
      Come si vede, la presente proposta di legge non ha nessuna finalità di contenimento della spesa, ma è diretta esclusivamente a ridistribuire risorse nell'ambito del settore socio-assistenziale, finanziando con quota parte delle pensioni delle nonne le esigenze di assistenza parentale delle figlie.
      Si rileva, altresì, che la misura dei risparmi attesi dall'equiparazione tra uomini e donne del requisito anagrafico per l'accesso al pensionamento di vecchiaia - di cui all'articolo 1 della presente proposta di legge - risulta crescente a decorrere dal 2008 per stabilizzarsi dopo cinque anni, per cui i benefìci previsti in favore delle madri lavoratrici - subordinate e parasubordinate - e delle imprese entreranno in vigore in maniera graduale.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge introduce importanti novità nella disciplina vigente in materia di congedo di maternità: al comma 1 è previsto, infatti, che dopo il parto la lavoratrice abbia diritto ad assentarsi dal lavoro per un periodo doppio (sei mesi) di quello attuale (oggi i mesi sono tre) ai quali si possono aggiungere, su sua richiesta, altri sei mesi goduti in maniera continuativa o in modo frazionato. Nel secondo anno essi vengono incrementati di due mesi e successivamente di un ulteriore mese fino ad un massimo di dodici mesi. L'onere derivante dall'attuazione di tale disposizione è posto totalmente a carico degli enti previdenziali, facendo sì che il datore di lavoro non abbia più alcun obbligo da questo punto di vista. La normativa vigente prevede, invece, che l'indennità percepita dalla lavoratrice sia per l'80 per cento a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e per il 20 per cento a carico del datore di lavoro.
      L'articolo 2 reca novità relativamente alla durata e al trattamento economico del congedo parentale: fino ai tre anni di vita del bambino è, infatti, previsto (comma 1) che la lavoratrice possa astenersi dal lavoro per un periodo complessivo di dodici mesi (e non di sei mesi, come previsto dalla normativa vigente) percependo un'indennità pari all'80 per cento della retribuzione (attualmente le misura dell'indennità è del 30 per cento, salvo disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva). Dai tre agli otto anni di vita del bambino, il comma 2 dell'articolo in esame dispone che la misura dell'indennità percepita dalle madri lavoratrici sia del 50 per cento della retribuzione per tutte (la normativa vigente nulla dispone al riguardo) e che per le lavoratrici madri il cui reddito individuale non superi due volte e mezzo l'importo del trattamento pensionistico minimo in vigore a quella data la misura dell'indennità sia elevata all'80 per cento (attualmente è del 30 per cento).
      I suddetti benefìci sono estesi, ai sensi dell'articolo 3 della presente proposta di legge, anche alle lavoratrici madri iscritte alla gestione separata INPS, titolari di un contratto di lavoro a progetto e assimilati,
 

Pag. 3

questo però a decorrere dal terzo anno dalla data di entrata in vigore della legge.
      L'articolo 4 prevede una compensazione in favore delle imprese, attuata attraverso la fiscalizzazione degli oneri sociali con percentuali a scalare, relativamente al tipo di onere che si va a coprire; in tale modo si favorisce la capacità d'investimento delle imprese e, di conseguenza, si aumenta la loro competitività.
      L'articolo 5 destina una parte delle risorse liberate con l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 1 al finanziamento del Fondo per le non autosufficienze, istituito dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) e da questa finanziato in misura assolutamente modesta.
      Esiste, infatti, nel nostro Paese, oltre all'esigenza di dare maggiore sostegno alle lavoratrici madri (così da implementare il tasso di natalità del tutto insufficiente, che in gran parte deriva proprio dalle difficoltà per molte giovani donne di conciliare l'attività lavorativa con la cura della prole e della famiglia in genere) anche un altro fronte le cui carenze sono intollerabili ed è quello che riguarda gli anziani non autosufficienti e i disabili gravi.
      Questa fascia di cittadini, in gravi condizioni di debolezza e difficoltà non riceve un'assistenza degna di un Paese civile, pertanto è giusto che parte delle risorse ottenute dall'allineamento dell'età di pensionamento delle donne con quella degli uomini sia destinata a migliorare tali situazioni.
      L'articolo 6 dispone, dunque, quale forma di copertura finanziaria delle disposizioni della presente proposta di legge, l'equiparazione tra uomini e donne del requisito anagrafico - 65 anni - per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia.
 

Pag. 4